(A cura dell’Avv. Prof. Luciano de Rensis)
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. I CIVILE – ORDINANZA 22 agosto 2018, n.20942
MASSIMA
L’appaltatore di opere pubbliche è di regola da considerarsi unico responsabile dei danni cagionati ai terzi nel corso dei lavori, poiché i limiti della sua autonomia (derivanti dalla obbligatorietà della nomina del direttore dei lavori e dalla intensa e continua ingerenza dell’amministrazione appaltante) non fanno venir meno il suo dovere di assumere le iniziative necessarie per la corretta attuazione del contratto anche a tutela dei diritti dei terzi; e tuttavia, la responsabilità concorrente e solidale dell’amministrazione committente non può essere esclusa quando il fatto dannoso sia stato posto in essere in esecuzione del progetto da essa approvato, mentre una sua responsabilità esclusiva resta configurabile solo allorquando essa abbia rigidamente vincolato l’attività dell’appaltatore, così da neutralizzare completamente la sua libertà di decisione.
La Corte d’appello de L’Aquila, con sentenza del 27 febbraio 2013, ha rigettato il gravame avverso l’impugnata sentenza che aveva rigettato la domanda dell’Azienda USL di (…) di condanna dell’ANAS al risarcimento dei danni arrecati ad un edificio di proprietà della predetta Azienda, in (…), corso (omissis) , in conseguenza dei lavori di realizzazione della variante della SS (…) eseguiti dall’ANAS tramite un’impresa appaltatrice.
Avverso questa sentenza ha proposto ricorso per cassazione la medesima Azienda, affidato a sei motivi, illustrati da memoria, cui si è opposto l’ANAS.
TESTO
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. I CIVILE – ORDINANZA 22 agosto 2018, n.20942 – Presidente Giancola – Relatore Lamorgese
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo e secondo motivo l’Azienda ricorrente, denunciando violazione e falsa applicazione degli artt. 2043 e 2055 c.c., della legge n. 109 del 1994 e del dPR n. n. 554 del 1999, imputa ai giudici di merito di avere escluso la responsabilità dell’ANAS, in via esclusiva o concorrente con l’impresa appaltatrice, per avere redatto un progetto esecutivo inadeguato, le cui lacune non erano sanabili dall’appaltatrice con il progetto costruttivo né tramite proposte di varianti migliorative, e per avere sottovalutato la mancata vigilanza del direttore dei lavori sull’esecuzione dei lavori, come specificamente rilevato nell’atto di appello.
I motivi in esame sono fondati.
La Corte territoriale ha ritenuto che il comportamento dell’ANAS, che pure aveva approvato un progetto esecutivo dei lavori inadeguato sotto vari profili tecnici, non fosse stato causa o concausa del danno, essendo assorbente la responsabilità dell’appaltatore per non avere adottato gli accorgimenti necessari ad evitare danni ai terzi, per avere redatto un progetto costruttivo che non aveva sanato le carenze del progetto esecutivo e per non avere proposto l’adozione di varianti migliorative.
La giurisprudenza di legittimità ha più volte ribadito il principio secondo cui l’appaltatore di opere pubbliche è di regola da considerarsi unico responsabile dei danni cagionati ai terzi nel corso dei lavori, poiché i limiti della sua autonomia (derivanti dalla obbligatorietà della nomina del direttore dei lavori e dalla intensa e continua ingerenza dell’amministrazione appaltante) non fanno venir meno il suo dovere di assumere le iniziative necessarie per la corretta attuazione del contratto anche a tutela dei diritti dei terzi; e tuttavia, la responsabilità concorrente e solidale dell’amministrazione committente non può essere esclusa quando il fatto dannoso sia stato posto in essere in esecuzione del progetto da essa approvato, mentre una sua responsabilità esclusiva resta configurabile solo allorquando essa abbia rigidamente vincolato l’attività dell’appaltatore, così da neutralizzare completamente la sua libertà di decisione (Cass. n. 11356/2002, n. 8802/1999).
Di questi principi la sentenza impugnata non ha fatto corretta applicazione nel caso in esame, avendo escluso, in astratto, che il comportamento dell’ANS per avere approvato un progetto esecutivo riconosciuto come inadeguato, e per non avere adeguatamente vigilato sull’andamento dei lavori, possa considerarsi concausa dell’evento dannoso, ai fini del riconoscimento della sua responsabilità concorrente con l’appaltatore.
In relazione ai suddetti motivi, la sentenza impugnata è quindi cassata, essendo gli altri motivi assorbiti, con rinvio alla Corte territoriale per un nuovo esame.
P.Q.M.
La Corte accoglie i primi due motivi di ricorso e dichiara assorbiti gli altri; cassa, in relazione ai motivi accolti, la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello de L’Aquila, in diversa composizione, anche per le spese.